Comunicato Stampa
Qual futuro  dei medici di medicina generale?
Dichiarazione di Pina Onotri Segretario Generale Sindacato Medici Italiani (SMI)

Roma, 10 dic. – Il Ministro Schillaci ha chiesto aiuto ai Medici di medicina generale per porre rimedio al sovraffollamento dei Pronto Soccorso, facendo finta di non capire che l’overboarding dei pronto soccorso è dovuto non già all’inerzia dei medici di medicina generale bensì al taglio, in dieci anni, di migliaia di posti letto. Solo in  due anni (dal 2020 al 2022) sono stati tagliati 32.500 posti letto e fra il 2019 e 2022 oltre 11mila medici hanno lasciato le strutture pubbliche, mentre sono stati chiusi 95 ospedali. Abbiamo la media tra pazienti e disponibilità di posti letto più bassa d’Europa, così Pina Onotri, Segretario Generale dello SMI risponde alle recenti dichiarazioni del Ministro della Salute,  Orazio Schillaci, in merito al fatto che i medici di famiglia devono aiutare i pronto soccorso.
Siamo in carenza di organico e intere aree del paese non hanno il medico di famiglia né medici di continuità assistenziale a causa di una visione miope di una politica di tagli alla spesa sanitaria che si trascina da più di dieci anni.
Ad oggi un medico massimalista gestisce presso il proprio studio più 17000 accessi l’anno che corrispondono a circa 70 accessi al giorno con tutto il corredo d’attività burocratica e clinica che ciò comporta, quindi il numero di accessi ai 40mila studi dei Mmg in un anno è ben superiore ai 18 milioni annui di accessi impropri al PS così come certificato da Agenas.
I medici di medicina generale non possono fare da tappa buchi a un sistema sanitario nazionale che non funziona senza che sia risolta strutturalmente la carenza dei medici con politiche retributive e fiscali che incentivino l’immissione alla professione e l’ampliamento degli organici e delle strutture di emergenza urgenza.
La Parte Pubblica fa finta di non capire che la gestione del malato cronico non può essere posta in carico a un singolo professionista e la previsione di mandare i medici negli studi periferici e nelle Case di Comunità non può rappresentare una risposta.
Se ci vogliono nelle Case di Comunità, così come espresso recentemente dal Presidente della Regione Lazio e da presidenti di altre regioni, offrissero ai medici disponibili un contratto a ore sul modello di quello degli specialisti territoriali con relativi emolumenti e tutele.
Ma medici di medicina generale un po’ di qua (Case delle comunità) e un po’ di là (studi periferici), come Pulcinella servitore di 2 padroni, non è sostenibile con gli attuali carichi di lavoro, né appetibile per i nuovi medici.
Se si vuole mettere fine al rapporto fiduciario tra cittadini e pazienti si pensasse alle modifiche normative da fare e lo si dica chiaramente.
In alternativa sia data la possibilità ai medici di decidere se vogliono continuare a lavorare a quota capitaria negli studi o lavorare a quota oraria nelle Case di Comunità.
Noi siamo sempre disponibili ad un confronto, ma difenderemo ad oltranza i diritti di coloro che rappresentiamo.

Ufficio Stampa