Bari, 21 febb. – Si parla molto di una rivisitazione delle figure professionali degli operatori della salute che operano nel nostro Paese e nelle Regioni, attraverso nuovi contratti di medicina generale e di pediatria, ma la salvaguardia della salute deve oggi fare i conti con una visione più ampia e se vogliamo ispirata all’ One Health. Un modello sanitario basato sull’integrazione di discipline diverse, (medici, pediatri, ambientalisti, economisti, sociologi, pedagogisti, assistenti sociali) riconosciuto da molti anni dall’Italia, dalla Commissione Europea e da tutte le organizzazioni internazionali che sono impegnate per la salute di tutti.
Queste figure professionali sono anche quelle che principalmente si occupano della salute minorile, un tema che sta emergendo inequivocabilmente all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale e che investe le nostre città. Va detto che per affrontare in modo efficace la salute minorale bisognerebbe cambiare il sistema legislativo in cui si opera attualmente, riformulando e aggiornando il sistema delle professioni. A partire dal medico di medicina generale e dal pediatra di libera scelta, prendendo atto che vi saranno grandi cambiamenti nell’organizzazione del lavoro a tempo pieno nell’ambito dei servizi ambulatoriali. Sia il medico che il pediatra, infatti, dovranno assicurare delle ore di lavoro aggiuntive nel Distretto Sanitario e nelle Case e negli Ospedali di Comunità (qualora si realizzeranno) con la riforma della sanità, prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Vi sono tutti i motivi per delineare un progetto nuovo di educazione alla salute che parta dai territori, coinvolgendo le scuole e le istituzioni di prossimità. Bisognerebbe dotare ai professionisti medici e agli operatori della sanità una nuova formazione finalizzata alla promozione di una dimensione positiva della salute, non solo per fronteggiare le malattie che dominano il quadro epidemiologico nei paesi sviluppati, ma anche per recuperare la centralità partecipativa della persona nella gestione della propria salute.
Per affrontare e curare, per esempio, i danni alla salute e alla sfera psicologica che il cyberbullismo (una forma di bullismo) reca alla salute dei giovani. Il cyberbullismo, vorremmo ricordare, risulta essere un comportamento di prevaricazione intenzionale, ripetuto e volto a mantenere una differenza di potere. La particolarità è che tale comportamento è portato avanti negli spazi online (quindi social network, videogiochi online, gruppi di messaggistica).
Da questi cambiamenti della nostra realtà vi è la necessità di una rinnovata educazione sanitaria che affronti le maggiori tematiche della salute in età infantile ed adolescenziale, a tutti i livelli della carriera scolastica con il compito di preparare le nuove generazioni al raggiungimento di quell’indispensabile livello di consapevolezza critica necessaria per affrontare rischi per la salute che si annidano al giorno d’oggi.
Occorrerebbe puntare su progetti integrati, con al centro la salute dei giovani, tra la scuola, aziende sanitarie, società scientifiche e sindacati.
Le stesse forze sindacali e politiche si dovrebbero assumere una nuova responsabilità, favorendo un agire interdisciplinare e superando la logica della divisione a compartimenti tra le professioni specialistiche. Per il soddisfacimento di salute dei giovani, vi sarebbe bisogno di una più stretta integrazione tra il medico, lo psicologo, il pediatra, il pedagogista, l’educatore, l’assistente sociale. Avremmo bisogno, inoltre, d’individuare, anche dal punto di vista sindacale, delle politiche comuni di tutela di queste figure professionali, celebrando anche la Giornata nazionale dei professionisti sanitari, sociosanitari, socioassistenziali e del volontariato che si è tenuta il 20 febbraio.
Puntiamo, in definitiva, a costruire un nuovo progetto di salute a favore dei ragazzi, per dare sostegno alle famiglie, prendendo esempio dalle migliori esperienze in Europa.
Ufficio Stampa