Gentile Direttore,
vorrei condividere l’esperienza avuta al Roma Welfair 2025, la fiera dedicata alla Sanità in Italia, che riunisce in un appuntamento nazionale i vertici della governance sanitaria, delle società scientifiche e delle grandi aziende di tecnologie medicali e che si è chiusa qualche giorno fa.
Il confronto tra colleghi è una delle pratiche più interessanti e costruttive specie se, come nell’ambito del Roma Welfair 2025, tale confronto avviene tra rappresentati di prestigiose Società Scientifiche. Tra le tematiche trattate è emersa la soddisfazione del ruolo sempre più presente ed importante svolto dalle Società Scientifiche nelle determine decisionali della governance del SSN. Ruolo ben accolto dalla politica che ha individuato, nelle Società Scientifiche, un insostituibile interlocutore tecnico i cui pareri risultano indispensabili nella programmazione e gestione di una materia così delicata, tanto dal punto di vista sociale che dell’impiego delle risorse economiche disponibili.
Si è discusso, poi, della Medicina del Territorio, con il solito tormentone “la medicina del territorio non fa da filtro per gli accessi ospedalieri” e con il mantra: “bisogna riformare la medicina del territorio”. Innanzi tutto, è obbligo una puntualizzazione per un concetto, probabilmente, non chiaro ai più. Il termine medicina del territorio, include tutta quella gestione della sanità che è al di fuori della realtà ospedaliera! Pertanto, della medicina del territorio fanno parte la Medicina di Famiglia/Generale, la Specialistica Ambulatoriale, i Servizi di Prevenzione, i Servizi di Assistenza Sociale, l’assistenza Infermieristica Territoriale, i dipartimenti di Salute Mentale, i Servizi per le Dipendenze e tanto altro.
Una riforma della Medicina Territoriale richiede una precisa volontà politica e un cospicuo investimento economico. Non si può sperare in una vera, e non solo di facciata, riforma del territorio se non si investe nella Medicina di Famiglia/Generale affidando ad essa, magari con il ricorso alla telemedicina, una diagnostica di primo livello (Ecg, Holter cardiaco, ABPM, eco fast, spirometria, ecc..) e contemporaneamente sgravarla da quella pletora di atti burocratici che nulla hanno a che vedere con l’assistenza sanitaria.
Non si può sperare in una vera riforma del territorio se non si investe nella Specialistica Ambulatoriale destinando fondi all’aumento delle ore disponibili, spesso l’accesso improprio ai Servizi di P.S. è motivato da liste di attesa improponibili. In alcune regioni le attese per un consulto specialistico, qualunque esso sia, superano l’anno.
Per non parlare delle attese per una TC o una RM, che richiedono tempi improponibili.
Non si può sperare in una vera, e non di facciata, riforma del territorio se non si investe sui Servizi di Prevenzione, sui Servizi di Assistenza Sociale, sull’assistenza Infermieristica Territoriale, su i dipartimenti di Salute Mentale, sui Servizi per le Dipendenze. Tutte realtà in sofferenza per carenza di personale e risorse.
Quando si verifica che le branche della medicina territoriale risultano essere carenti, s’innesca un circolo vizioso in cui il ricorso improprio all’ospedale genera depauperamento di risorse umane ed economiche con conseguente scadimento, reale o percepito, della qualità delle prestazioni.
Allo stato delle cose, al netto di pochi isolati casi, la Medicina Territoriale sopravvive grazie all’impegno quotidiano di migliaia di operatori, diamo loro l’attenzione e gli strumenti che meritano.
Ufficio Stampa