Comunicato Stampa
Lettera aperta di Pina Onotri, Segretario Generale Sindacato Medici Italiani (SMI)

Gentile Direttore,

il 25 gennaio è stata una giornata importante. Importante perché, nonostante le diverse sensibilità, le diverse piattaforme programmatiche, i diversi modi di interpretare la professione, i sindacati tutti si sono compattati per lanciare un grido d’allarme: Salviamo il Servizio Sanitario Nazionale.
Come salvarlo? Attraverso la tutela dei professionisti che sono il motore essenziale di questa macchina complessa al fine di garantire la salute di tutti cittadini.
Non è stato facile trovare delle parole d’ordine comuni su cui poter coagulare i nostri sforzi, ma alla fine ci siamo riusciti: equità, solidarietà, accessibilità, sostenibilità, adeguati finanziamenti. Da quel palco che ci ha visti protagonisti, il Sindacato Medici Italiani ha lanciato le sue proposte, che sono sempre le stesse che riproponiamo in tutte le sedi istituzionali e contrattuali: tutele anche per i medici convenzionati, tutele per le donne, attenzione per i tempi di conciliazione vita/lavoro. Proposte che sono state apprezzate dalla platea di centinaia di dirigenti sindacali.
È stato un momento di unità importante e che ha dato la possibilità allo SMI di esprimersi in un consesso più ampio, rispetto ai soliti contesti politici e contrattuali. Abbiamo avuto la possibilità di confrontarci e dal confronto, se avessimo continuato su quella strada, ne saremmo usciti tutti più rafforzati. Cosa è successo subito dopo?
Il Consiglio Nazionale Fimmg ha approvato una mozione sul no alla dipendenza. Legittima posizione, ma fuori contesto rispetto al momento storico , ben sapendo come la categoria sia divisa sulla questione. Non era quello il momento di discettare sullo status giuridico del medico di medicina generale, bensì di concentrarsi sulle garanzie in ambito organizzativo, lavorativo, retributivo, di tutele a cui hanno diritto i medici, convenzionati o dipendenti che siano. In merito alla posizione dello SMI su questi temi ho già ampiamente esplicitato in altra lettera pubblica.
Poi la fuga di notizie rispetto al progetto del Ministro Schillaci di rendere i medici di famiglia dipendenti e la proposta di Forza Italia per mantenerli nell‘alveo dell‘area convenzionata. Proposta pasticciata di chi non conosce le modalità lavorative ed organizzative della medicina generale. Ispirata da Fimmg? Verrebbe di pensare di sì, considerato i risultati dello studio commissionato dalla Fimmg alla Mercer sulla possibilità di impiego dei medici convenzionati all’interno delle case di comunità e sui reiterati proclami del Presidente Anelli sulla disponibilità dei medici di famiglia a ricoprire venti milioni di ore e oltre nelle cosiddette case. E, poi, l’entusiasmo dei dirigenti Fimmg, alla proposta. A pensar male si fa peccato, ma a volte ci si “azzecca”.
Il vero convitato di pietra in tutta questa faccenda non è il medico e la sua professione, non è il medico e i suoi diritti, ma il medico e la sua cassa previdenziale. È chiaro che se viene giù un sistema, questo avrà ripercussioni anche su Enpam. 
E anche questo è un tema divisivo per la categoria, perché ormai da tempo l’Ente previdenziale viene percepito come organismo che vive e sopravvive per sé stesso e non già per fare gli interessi della categoria che lo sostiene economicamente. Enpam che, di fatto, condiziona tutte le trattative e le iniziative sindacali, come le condiziona anche la Fnomceo che, tramite il suo Presidente, è anche parte di Enpam. 
C’è stato un momento di comunione importante il 25 gennaio, poteva essere il principio per un percorso comune e condiviso da tutti al fine di trovare la soluzione migliore, in un momento critico per noi come categoria e singoli professionisti, in un momento in cui, causa la carenza dei medici, potevamo forzare e ottenere risposte che da vent’anni a questa parte la politica non ci dà.
Dispiace che Snami sia uscita dall’intersindacale, perché quella che, invece, si è posta, nei fatti e concretamente, fuori dall’ Intersindacale, è la Fimmg. 
Possibile recuperare? 
Seduti intorno ad un tavolo potremmo discutere di lavoro, contratti, Enpam e quant’altro anche con i sindacati della dirigenza perché non ci può essere una riforma del territorio che non coinvolga tutti. 
Certo se a quei tavoli non si è predisposti all’ascolto, ma prevale la convinzione che siccome si rappresenta la maggioranza della categoria, siccome si gestiscono i soldi della categoria, e siccome si gestisce la Federazione degli Ordini si ha la verità in tasca, allora non può funzionare. 
Ma su questo anche i colleghi che alimentano questo sistema che ormai, appare avvitato su sé stesso, dovrebbero fare una riflessione.

Ufficio Stampa