Palermo, 3 mar. – Da qualche anno si discute circa il passaggio alla dipendenza del Medico di medicina generale. Un recente progetto di legge ha portato Il problema al tavolo del Ministro della Salute, ma se ne discute ampiamente anche negli Assessorati, nei tavoli sindacali, nelle Regioni e nei Comuni.
Tutti si sentono competenti e pronti a dare giudizi circa la fattibilità, la possibilità, le risorse, ecc., ma in realtà pochissimi conoscono davvero il problema della medicina generale, così come è diventato negli anni e soprattutto nel post Covid.
La maggior parte degli attori protagonisti, che si dicono competenti in materia, è in pensione da anni e come sindacalista ha delegato molto spesso ad altri il lavoro vero e proprio nello studio.
Il vero problema, ed eventualmente la soluzione, non sta in effetti nello stato giuridico del professionista, ma cosa gli farebbe scegliere questa professione e lo farebbe lavorare serenamente, migliorando non solo il rapporto medico-paziente, ma anche l’autostima e la soddisfazione personale.
Attualmente il medico di medicina Generale ha un rapporto convenzionato a quota capitaria: ciò significa che il suo guadagno mensile è dovuto al numero degli assistiti in carico, tolte tutte le numerose spese (studio, rifiuti speciali, assicurazione, segretaria, infermiere, luce, ecc.). Ne va da se che i “pazienti-datori di lavoro”, hanno il potere spesso di ricattare direttamente o indirettamente il medico, con richieste di esami e farmaci, che ritengono dovute, potendo direttamente cambiarlo con un click, senza esprimere alcuna motivazione. Allo stato delle cose, il medico spesso è il bancomat per l’accesso alle cure.
Le richieste suddette sono conseguenza di visite specialistiche, prescritte dal MMG, o ritenute necessarie dallo stesso assistito (documentatosi con il dr Google…). In pochissimi casi i medici specialisti prescrivono ciò che ritengono opportuno sul proprio ricettario personale oppure online in dematerializzata e demandano tutto al MMG. La considerazione che ha il paziente di noi? Siamo i segretari del SSN: degli specialisti ambulatoriali, dei medici ospedalieri, degli specialisti privati, ecc.
Il SSN d’altro canto chiede appropriatezza per i costi, ma controlla solo noi, che dovremmo sempre valutare l’erogazione, anche a scapito della revoca del paziente, che si vede privato ingiustamente di un suo diritto.
La gratuità o quasi di tutte le prestazioni eseguibili, rende il MMG ricattabile e crea molteplici conflitti relazionali.
Il vero problema della crisi della medicina generale è quindi la crisi del sistema e l’insoddisfazione che ne derivano.
Molti medici non si iscrivono più nei Corsi di Formazione (che permettono l’accesso alla graduatoria di medicina generale) e non partecipano ai bandi per la MMG, che spesso vanno deserti o si presentano in pochi rispetto ai posti disponibili nelle zone carenti.
Non essendo una vera specializzazione la remunerazione è altresì di molto inferiore a quella dei colleghi specializzandi. D’altro canto la specializzazione in Medicina di Comunità e delle Cure Primarie esiste, ma si sconosce il motivo della inidoneità alla medicina generale: Unico accesso il Corso di formazione!
La soluzione del problema è quindi ridare dignità alla figura del Medico, che dopo accurata visita, fa diagnosi e terapia: tutto ciò in autonomia o completato da visite ed indagini, ritenute opportune.
Per ottenere tutto ciò, a parere della scrivente, che vive la realtà siciliana della Medicina del Territorio nel prossimo Accordo Collettivo Nazionale e nel nuovo Accordo Regionale, occorrerebbe:
A chi sostiene che l’inefficienza del medico di Medicina Generale comporta maggiori ed inopportuni accessi al Pronto Soccorso, rispondo:
E allora cosa si potrebbe fare per risolvere gran parte dei problemi?
Da quanto sopra esposto si evidenzia che quindi basterebbe rendere volontaria la scelta del tipo di contratto (dipendenza o convenzione) , regolarizzare la giungla degli svariati compiti attribuiti al MMG, a sostituzione delle altre figure mancanti o reticenti, per soddisfare tutti i medici, ma soprattutto i cittadini.
La disamina sopra esposta nasce sicuramente dalla mia lunga esperienza di medico di medicina generale in Sicilia e dall’esperienza di sindacalista degli ultimi anni. È chiaro che le Cure Territoriali variano da Regione a Regione, purtroppo, ed in base alla ricchezza ed alla propria organizzazione.
Una ricetta che piaccia a tutti non esiste, ma per far funzionare i servizi occorre rendere appetibile e funzionale la scelta del tipo di contratto. Ognuno potrebbe rivedersi nell’uno o nell’altro, ma può contribuire al miglioramento delle Cure territoriali, nell’interesse dei cittadini.
Barricarsi invece su posizioni rigide ed immodificabili, scegliendo solo di mantenere tutti i medici in convenzione, con rapporto misto ( scelta/orario), rende ovviamente impopolare la scelta professionale, venendosi a complicare la valutazione del lavoro svolto ed appesantire molto il carico orario totale, che supererebbe sicuramente le 38 ore settimanali, ma che non potrebbe essere riconosciuto come straordinario: non è infatti possibile quantificare il nostro lavoro a quota capitaria, non potendo essere interrotto timbrando un cartellino. L’orario di apertura al pubblico è solo una piccola parte di ciò che si fa quotidianamente. Sarebbe come calcolare l’impegno lavorativo di un insegnante, solo calcolando la presenza nelle aule!
Fra l’altro come è possibile quantificare in termine orario il lavoro nelle domiciliari, nei certificati, nelle pratiche burocratiche quotidiane (piani terapeutici, esenzioni, vaccinazioni?). Se non riesco a finire lo studio nei tempi previsti, come faccio a completare le mie ore nelle Case di Comunità, magari dovendo percorrere chilometri per raggiungerla? Mentre lavoro a rapporto orario, tengo chiuso il telefono e non rispondo a nessuno, essendo impegnato in altre mansioni?
Il problema dei compiti nelle Case di Comunità è poi tutto da rivalutare e stabilire: certo non si può immaginare un medico tappabuchi che copre i servizi a richiesta del Dirigente di turno, in base alle carenze. Un medico è un professionista e nel tipo di contratto scelto (convenzione o dipendenza) devono essere stabiliti i compiti sanitari ed il relativo carico burocratico.
Non dimentichiamo che un medico studia per fare diagnosi, terapia e prevenzione.
Ufficio Stampa