Comunicato Stampa
Studio Gimbe – Medici di famiglia a rischio di estinzione:
“Occorre voltare pagina, più retribuzioni e tutele.
Piena partecipazione di tutti i medici alla riforma del settore!”
Dichiarazione di Pina Onotri Segretario Generale Sindacato Medici Italiani (SMI)

Roma, 4 mar. – Le ragioni della carenza di medici nel nostro Paese sono molteplici: lavoro non valorizzato (i medici accedono alla professione di generalista tramite un corso di formazione e non una scuola di specializzazione universitaria); carico burocratico eccessivo, mancanza di tutele (soprattutto per una professione che vira al femminile) ferie, maternità, malattia, infortunio sul lavoro, così Pina Onotri, Segretario Generale SMI commenta lo studio della Fondazione Gimbe sul rischio di estinzione dei medici di medicina generale.
A fronte della mancanza, in tutto il Paese, di oltre 5.500 medici di medicina generale e sempre più cittadini che faticano a trovare un medico di famiglia, soprattutto nelle grandi Regioni, occorrerebbero misure innovative nel campo delle politiche di sostegno alla sanità. La carenza di professionisti medici a seguito della gobba pensionistica, deve avere come ricaduta la giusta valorizzazione ed integrazione aziendale, di questi professionisti, che non possono essere penalizzati, così come lo sono stati negli ultimi anni, da alcune improvvide modifiche apportate e in particolare nelle versioni di ACN del 2009 e a quelle successive.
Investire da subito sulle risorse umane, sui medici di medicina dell’area convenzionata equiparando i loro stipendi a quelli europei, innalzando le tutele e garantendo maggiori diritti. Sostenere, inoltre, le spese di gestioni degli studi medici, attualmente tutte a carico dei professionisti e prevedere misure di vantaggio per la loro fiscalità. Queste misure potrebbero rappresentare degli incentivi per le nuove generazioni nell’intraprendere la professione in Italia.
Sosteniamo, per queste ragioni, la riapertura dell’area di medicina dei servizi territoriali e le modifiche della 502/92, per la piena integrazione dei medici della medicina dei servizi nelle organizzazioni aziendali, consentendo il raggiungimento delle 38 ore per i titolari e la possibilità di attribuire incarichi a tempo indeterminato, che solo la riapertura dell’ area potrà consentire. Le ipotesi di proposte attualmente in campo, invece, che chiedono ai medici di famiglia di fare attività a quota capitaria nei loro studi e attività oraria nelle Case di Comunità ci appaiono inconciliabili al momento, tenuto conto dei carichi di lavoro di cui i medici di famiglia sono soggetti.
Considerando, infine, il radicale cambiamento nella professione medica che negli anni scorsi era fondamentalmente maschile mentre oggi è prevalentemente femminile e quindi con esigenze diverse per i tempi di conciliazione tra vita e lavoro da un lato e dall’altro, con la necessità di garantire le tutele in tema di malattia, maternità e lavori di cura per le donne medico.
La Parte Pubblica dovrebbe puntare a destinare per i medici di medicina generale finanziamenti per una remunerazione in linea con quelle dei principali paesi europei per il rilancio effettivo della professione di medico di famiglia, unitamente alla scelta, di correttivi contrattuali come l’introduzione del part time, la remunerazione del lavoro straordinario e modalità di lavoro agile in telemedicina.

Ufficio Stampa