Comunicato Stampa
Case di Comunità: il Ministro della Salute afferma che i medici di famiglia
sono disponibili a lavorare nelle Case di Comunità.

Non ci risulta che la categoria sia stata consultata!
Dichiarazione di Pina Onotri, Segretario Generale Sindacato Medici Italiani (SMI)

Roma, 4 sett.- Il  contratto collettivo nazionale attuale dei medici di medicina generale  non prevede che tutti i medici  di famiglia vadano nelle Case di Comunità  ma solo i nuovi  medici  che iniziano la professione   e che  hanno un contratto a ruolo unico, anche se bisogna constatare che tutti i recenti bandi per il ruolo unico stanno andando deserti. Lo avevamo previsto, già,  in sede di Accordo Collettivo Nazionale tanto che lo  SMI aveva chiesto di mettere in campo dei correttivi ( part time e straordinario ) per attenuare la rigidità delle regole d’ingaggio, come risulta dalla nostra nota  a verbale alla firma  tecnica al contratto, così Pina Onotri, Segretario Generale del Sindacato Medici Italiani commenta le recenti dichiarazioni del Ministro della Salute, Orazio Schillaci.
Non vorremmo che già ci fosse qualche accordo affinché i medici attualmente in servizio  con le regole d’ingaggio attuali, che non prevedono il  lavoro nelle Case di Comunità, siano costretti a lavorare dentro  queste strutture.
Riteniamo che piuttosto dar seguito a una legge vecchia di venti anni fa, (le Aggregazioni Funzionali Territoriali con le annesse Case della Salute che avevamo giudicato fin dall’ inizio  cattedrali nel deserto e spreco di denaro pubblico , in quanto non si capiva  e non si capisce cosa vadano   a fare i medici di famiglia) si cercassero soluzioni concrete alla carenza dei medici sul territorio, dando una risposta ai cittadini che sono senza medico di medicina generale. Il primo passo, in questa direzione, è incentivare i giovani, migliorando il lavoro e dal punto di vista organizzativo e retributivo. Non si può pensare che questi medici lavorino all’interno di strutture con il rapporto convenzionato a quota capitaria, né si può ipotizzare, che in contemporanea, mantengano in piedi un‘assistenza periferica.
Tutto il lavoro di back office che si svolge  “dietro le quinte” per supportare i pazienti, attualmente non viene riconosciuto, né tanto meno viene certificato quali siano i reali carichi assistenziali di ciascun medico di medicina generale, al di là dell’apertura degli studi che sono ore di front office e di ricevimento.
Il Ministro della Salute, dall’altro lato,  appare abbastanza convinto delle sue affermazioni, tanto che non  vorremmo che ci fosse stato qualche accordo con altre organizzazioni sindacali affinché tutta la categoria vada a lavorare dentro le Case di Comunità, cambiando in corsa le regole contrattuali vigenti per chi è già in servizio.
Se dovesse verificarsi questa possibilità, oltre  il rifiuto dei giovani medici  (i bandi stanno andando deserti)  anche a causa di  mancanza di chiarezza sulle regole di d’ingaggio, ci saranno una raffica di dimissioni.
Per queste ragioni vorremmo capire bene a cosa si riferiscono le affermazioni del Ministro della Salute, considerato che non tutti i sindacati dei medici sono stati consultati  ma solo uno, a quello che ci risulta.

Ufficio Stampa