Comunicato Stampa
Lettera a Il Giornale.it
di Liliana Lora, Vicesegretario Nazionale Sindacato Medici Italiani (SMI)
Gentile Direttore de Il Giornale.it,
un articolo del suo giornale dal titolo: “Quanto guadagna un medico di base? Ecco come può variare lo stipendio” tratta della retribuzione dei medici di medicina generale nel nostro paese ma non prende in considerazione alcuni importanti aspetti del lavoro della categoria. In particolare, si ommette d’indicare quali siano le spese che devono sostenere i medici per le mancate tutele da cui sono esclusi. Ci riferiamo al riconoscimento dell’infortunio sul lavoro, al diritto alle ferie, alla maternità assistita, ai permessi per malattia, a misure certe in materia di sostegno ad handicap e per le sostituzioni per poter fruire del riposo.
Non sono bastati circa 400 medici di famiglia deceduti per far estendere le tutele sul lavoro al contagio da virus e farlo rientrare nei casi d’infortunio sul lavoro. Per queste ragioni, alla luce della recente pandemia, siamo del parere che il Governo debba predisporre uno strumento normativo adeguato che riconosca ai medici convenzionati le tutele previste per tutti gli altri lavoratori. L’Inail, innanzitutto, deve ammettere che nei mesi scorsi i medici di famiglia hanno subito veri e propri infortuni sul lavoro a causa del contagio trasmesso dai loro pazienti. È una situazione inaccettabile che ricade interamente sulle spalle dei medici convenzionati del Servizio Sanitario Nazionale, rappresentando una delle cause che rendono la professione non più attrattività in Italia, con la conseguente difficoltà di un effettivo cambio generazionale nella categoria.
Della libera professione del medico convenzionato rimane loro ormai solo il “rischio di impresa” che non viene compensato neanche dai guadagni, considerato che il potere d’acquisto degli stipendi è ridotto del 50% e la mancanza di tutele li vede in crisi personale e familiare, in caso di infortunio o lunga malattia. Perché quando si ammalano i medici perdono, frequentemente, anche reddito. I pazienti, infatti, spesso non sono disposti a cambiare il rapporto di fiducia con il proprio medico con medici sostituti che, tra l’altro, risultano essere sempre più introvabili.
Il medico di medicina generale, inoltre, deve aprire e rendere idoneo il proprio studio prima di poter acquisire pazienti, che, ad esempio nelle zone disagiate e periferiche, possono risultare in numero non sufficientemente adeguato a coprirgli le spese.
Se, poi, il medico si trova a lavorare singolarmente deve sostenere anche la spesa del personale per la gestione dello studio, che risulta non ristorata adeguatamente se non si lavora in forma associativa avanzata.
Gli stipendi dei medici italiani, va aggiunto, che sono tra i più bassi in confronto ai principali europei, il quadro che emerge conferma come i nostri professionisti, a parità di potere d’acquisto, guadagnano meno di molti nostri partner europei. I numeri ci consegnano una fotografia reale di come il lavoro in sanità in Italia sia sottopagato, per questo molti medici italiani emigrano all’estero per lavorare.
Per queste ragioni ci appare incompleto il contenuto del vostro articolo perché non prende in considerazione l’intera condizione lavorativa del medico di medicina generale in Italia, che non può essere ridotta alla sola retribuzione, che, tra l’altro, risulta essere tra le più basse di Europa.
Cordialmente.
Liliana Lora, Vicesegretario Nazionale Sindacato Medici Italiani (SMI)
Ufficio Stampa