Recovery Plan, Fimeuc: investimenti strutturali su medici del 118 e Ps integrati

Recovery Plan, Fimeuc: investimenti strutturali su medici del 118 e Ps integrati

«In tempi di Recovery Plan è necessario ipotizzare investimenti strutturali non solo per la medicina territoriale ma anche per l’emergenza urgenza che è un livello essenziale di assistenza da garantire allo stesso modo su tutto il territorio italiano». Alessandro Caminiti presidente della Federazione italiana di medicina di emergenza urgenza e delle catastrofi (Fimeuc, che raccoglie le principali associazioni dei professionisti della disciplina), chiede un investimento forte per affrontare le disomogeneità territoriali che oggi incidono sulla qualità del servizio offerto da una regione all’altra, a partire dai diversi tipi di contratto e dalle tante situazioni di carenza di personale.

Il tavolo c’è, basta parlarsi. Lo scorso autunno al Ministero della Salute Fimeuc propose un modello di integrazione tra medici del 118, pronto soccorso e reparti ospedalieri di medicina e chirurgia d’urgenza: tutte le realtà citate dovrebbero fare capo a un Dipartimento integrato di Emergenza-Urgenza. E dovrebbe crescere l’impatto dei medici specialisti in Medicina di emergenza-urgenza: annualmente dalle scuole ne escono in 200-250 mentre dovrebbero essere 500-600 per colmare il gap. Servono innesti pari a 2000 contratti di formazione. Sulle borse di specialità l’investimento globale dovrebbe gradualmente salire fino a 250 milioni, tra 2022 e 2026, entrando a regime da quell’anno in poi. Nel frattempo, i medici oggi convenzionati a domanda dovrebbero poter transitare alla dipendenza. Obiettivo: omogeneizzare una categoria oggi divisa tra convenzioni, partite Iva e contratto nazionale dirigenza medica, e meglio collegare assistenza territoriale a pronto soccorso ed ospedale. «Il Dpr 27 marzo 1992 ha creato difformità nelle qualifiche del settore. Ci sono regioni dove in organico prevalgono i medici convenzionati, altre dove prevalgono i dipendenti, ed altre ancora dove – specie negli ultimi 18 mesi – si sono imposti contratti a partita Iva, precari, sia sul territorio sia nelle strutture», dice Caminiti. «Essendo un’attività stressante, prevediamo (specie in assenza di incentivi di carriera, come avviene nelle convenzioni), un progressivo impoverimento della presenza dei medici. Accanto a chi si pensiona per raggiunti limiti d’età, una parte potrebbe andar via anche tra chi aveva “vocazione” a questo tipo di lavoro. Si dovrebbe sia investire di più sulla formazione specifica, come è stato fatto in giro per l’Unione europea, sia costruire percorsi di carriera nel Dipartimento integrato Ospedale-Territorio, riconoscendo alla nostra attività ruoli nei percorsi di cura anche delle cronicità – ad esempio dove ci siano aggravamenti od episodi acuti necessitanti ricovero».
Attualmente, nelle strutture e principalmente nei Ps i medici operativi sono 5800 per lo più dipendenti, specialisti dell’emergenza o di discipline equipollenti (medicina interna, chirurgia generale, anche specialità d’organo), ma non tutti sono a tempo indeterminato. Durante l’emergenza Covid-19 è aumentato il ricorso a contratti di lavoro autonomo, anche per non specialisti. Sul territorio i medici sono circa 4000, di cui 2900 convenzionati prevalenti in tutte le regioni del Sud e Isole (ma anche in Emilia Romagna, Piemonte, Marche) ed altri 1000 dipendenti dedicati non solo all’assistenza territoriale ma, a rotazione, anche ai Pronti soccorso: molti i non specialisti, e cresce anche qui l’impatto dei contratti autonomi, spesso individuali o mediati da enti terzi. «Sono dati che rivelano un’assistenza diversa a seconda dell’area geografica ma anche una complessiva carenza», riassume Caminiti. «In ospedale ci dovrebbero essere altri 1500 medici in più e sul territorio altri mille in base al decreto sugli standard (DM 70/2015)».

Su circa 10 mila medici impiegati in quello che un domani sarebbe il Dipartimento integrato di Emergenza-Urgenza solo un migliaio è specialista nella disciplina, istituita nel 2009. Gli altri sono per lo più “specialisti equipollenti” che hanno vinto il concorso per la Disciplina di Medicina di Emergenza-Urgenza o convenzionati passati alla dipendenza secondo il D.L. 229/1999 che ora però non è più applicabile. Per scongiurare la carenza di personale medico e garantire la qualità delle cure erogate in emergenza, oltre all’aumento dei contratti per la specializzazione in medicina di emergenza urgenza, nella bozza di riforma del DPR 27/3/1992 presentata da Fimeuc al Ministero della Salute, si prevede che Il personale medico dell’emergenza oggi operativo con contratto di convezione di medicina generale ed in possesso dell’idoneità all’emergenza da almeno 5 anni sia inquadrato a domanda nella Dirigenza medica. Tutte le strutture di emergenza preospedaliera ed ospedaliera, mediante convenzione con le Università potrebbero diventare Centri di formazione per i laureandi in Medicina e Chirurgia, in Scienze infermieristiche e per gli specializzandi in Medicina d’Emergenza-Urgenza, oltre che per i Tirocinanti in Medicina generale. Fimeuc propone poi di prevedere l’accesso alla specialità di Emergenza Urgenza in sovrannumero per i medici che già prestano servizio nel sistema di emergenza pre ospedaliero ed ospedaliero. Ora o mai più, verrebbe da dire, visto che c’è il Recovery. Nella proposta al Ministero, Fimeuc ribadisce i vantaggi del contratto della dirigenza per i medici del 118, e la necessità improcrastinabile dell’aumento delle borse per gli specializzandi nella disciplina, ipotizzato da una ricerca della Commissione Affari Sociali della Camera con un finanziamento di 250 milioni per circa 10 mila borse in più e di queste almeno 500-600 l’anno per nuovi specialisti della disciplina. Così si garantirebbero sia la sostituzione di chi va in pensione sia organici più adeguati di adesso. Secondo Caminiti con i nuovi specialisti ed anche grazie ai medici “transitati” dalla convenzione, «se si parte ora, in 5 anni potremmo colmare il divario rispetto al DM 70 e i gap tra regioni, dando a tutti gli italiani la chance di essere assistiti allo stesso modo nel momento più difficile, quello dell’emergenza».

Fonte: doctor33.it – Link all’articolo