Comunicato Stampa
Riforma della medicina territoriale: le osservazioni dello SMI e del SIMET alla bozza di atto d’indirizzo
Nota di Pina Onotri, Segretario Generale SMI e di Mauro Mazzoni, Segretario Nazionale SIMET
Roma, 7 genn. – “Il Sindacato Medici Italiani, parlando di riforma della medicina territoriale, non può esimersi dal ricordare il grande sacrificio fatto dalla categoria nel garantire l’assistenza ai cittadini, in questi due lunghi anni che hanno messo a dura prova il SSN.
L’evoluzione delle cure territoriali, nell’ ottica di una migliore e più performante offerta sanitaria alla cittadinanza, omogenea dal Nord al Sud del paese, non può prescindere da maggiori tutele che i professionisti, ormai stremati, chiedono a gran voce e da un maggiore investimento sulle pari opportunità considerato che, per la prima volta, nel 2019 è stato certificato un sorpasso di genere nella categoria.
Ricordiamo che l’art 25 del D.L 11 aprile 2006 n.198 recita: “costituisce discriminazione ogni trattamento o modifica dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti, pone o può porre il lavoratore in almeno una delle seguenti condizioni:
- posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori;
- limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali;
- limitazione dell’accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera.
Vorremmo fortemente che tali concetti venissero richiamati nella premessa dell’atto d’indirizzo, considerato che il tema è al centro del Piano Strategico Nazionale per le politiche per la parità di genere.
Ravvisiamo, inoltre, la necessità che venga ribadito espressamente che la medicina generale è un Lea, assicurato da un Sistema di Sanità Pubblica equa, capillare, accessibile e universale.
È indispensabile e non più procrastinabile una valorizzazione dei professionisti che lavorano in tale ambito, partendo dalla trasformazione del corso di formazione specifica in medicina in specializzazione, al pari degli altri paesi europei.
Solo valorizzando chi lavora si potranno evitare i prepensionamenti e la fuga all’estero dei giovani medici ponendo così, almeno in parte, riparo alla carenza drammatica di medici di medicina generale che ha determinato la mancata assistenza primaria per circa tre milioni di italiani, la chiusura di moltissime postazioni di continuità assistenziale e la demedicalizzazione delle ambulanze. Anche solo per questo andrebbero rimosse tutte le incompatibilità (in particolare quelle che si oppongono al passaggio tra aree diverse della convenzionata) e l’intramoenia andrebbe prevista senza vincoli.
Valutazioni e proposte
L’attuale ACN in discussione, relativo al triennio 2016/2018, sta andando nella direzione esattamente opposta e se approvato incentiverà l’esodo di molti. La nostra proposta è che, nelle more di una riforma dell’assistenza territoriale, si chiuda un accordo economico ponte, con maggiori risorse economiche come per la dirigenza medica, rimandando la discussione della parte normativa all’ACN successivo, dopo l’approvazione del nuovo atto di indirizzo.
Nella bozza che ci è stata sottoposta s’intravede la possibilità di realizzare il ruolo unico della medicina generale che per il Sindacato Medici Italiani è da intendersi come accesso unico a tempo pieno. Ma, se parliamo di rapporto a tempo pieno (38h a settimana, così come enunciato nella bozza) non possiamo non parlare di rapporto di lavoro a tempo parziale (anche nell’ottica dei tempi di conciliazione vita/lavoro), e non possiamo non parlare di plus orario.
Si parte dal presupposto che i medici di medicina generale debbano lavorare in parte a quota capitaria ed in parte a quota oraria, il che ci trova d’accordo tranne che per la premessa: il debito orario che i medici devono assolvere nei confronti dell’ ASL/distretto/ case di comunità non può essere calcolato sulle ore di apertura studio (max 15 h secondo convenzione) ma sul carico assistenziale di ciascun medico (medico a 1500 scelte o a doppio incarico, 650 pz / 24 h di ca, lavorano 40h a settimana, calcolate come da convenzione anche se per difetto).
Per il ruolo unico è necessario studiare un meccanismo di equivalenza flessibile scelte/ore con la possibilità di optare anche solo per un rapporto orario che andrebbe regolamentato con un contratto tipo specialistica ambulatoriale con relative tutele.
Reintroducendo la possibilità per il personale convenzionato per la medicina generale di poter lavorare a quota oraria all’interno di strutture distrettuali/case di comunità si andrebbero ad implementare settori strategici della medicina dei servizi come la medicina scolastica, strettamente connessa alla prevenzione ed all’educazione sanitaria, l’attività nei SERT, la medicina necroscopica, l’attività nei servizi distrettuali di igiene e prevenzione (SISP), drammaticamente sguarniti come la pandemia in corso ha evidenziato, l’attività nei servizi integrati di assistenza domiciliare.
Basterebbe riaprire le assunzioni nell’area, stabilizzando anche personale precario modificando il decreto legislativo 502/92 che porta ad esaurimento il ruolo del personale convenzionato all’interno delle strutture.
Lavorare, invece, a quota capitaria nelle case di comunità non ci trova d’accordo. Chiediamo di essere retribuiti con quota capitaria per il carico assistenziale e con quota oraria per le attività in struttura. La quota capitaria va valorizzata a fronte di compiti ben specifici da declinare nel nuovo contratto, inglobando, nell’ottica di una migliore organizzazione offerta alla cittadinanza, incentivi per l’informatizzazione e l’assunzione di personale, elemento imprescindibile per un migliore funzionamento degli spoke; contestualmente la parte variabile dello stipendio va ridotta in quanto soggetta alle diponibilità economiche delle regioni, il che determinerebbe anche una disomogeneità dell’offerta nei confronti della cittadinanza.
La parte variabile dovrebbe andare ad incrementare un fondo economico, secondo quanto previsto dalla legge e i cui residui restano nel fondo stesso o possono essere spostati in altri fondi contrattuali dei medici convenzionati , con modalità previste da norme contrattuali.
Inoltre è importante che il soggetto che contratta gli obiettivi e gli specifici indicatori per la medicina generale , sia tenuto esso stesso al raggiungimento degli stessi obiettivi.
Non escludiamo che i MMG possano essere coordinatori dei team multiprofessionali e multidisciplinari in quanto responsabili del percorso diagnostico-terapeutico del paziente”.
QUI copia della lettera inviata
Ufficio Stampa