Comunicato Stampa
Lettera aperta a Roberto Occhiuto, Presidente della Giunta Regione Calabria
di Roberto Pititto, Consigliere Nazionale Sindacato Medici Italiani (SMI)
Cosenza 23 ag.- “Signor Presidente, io, come lei, ho davanti agli occhi lo stato drammatico in cui versa la sanità regionale. Io, come lei, guardo con rabbia e rimpianto, alla sciagurata inerzia con cui, per anni chi l’ha preceduta nel difficile compito di commissario alla sanità in Calabria, ha caratterizzato la propria azione, anzi inazione. Assieme a lei, ne sono certo, guardo con preoccupazione a quanto il futuro potrebbe drammaticamente riservarci, proseguendo sulla strada del non fare e aspettare un miracolo assai improbabile. Io assieme a lei individuo nell’ assoluta carenza delle risorse umane, la vera forza di ogni comunità, la maggiore emergenza, anche se non l’unica in questa terribile crisi. Con lei concordo che sciagurate scelte, nella politica sanitaria nazionale, sono tra le cause fondanti di tale gravissima carenza nella creazione di quelle risorse, che oggi mancano e che, se da oggi, iniziassimo a formare, vedremmo giungere in nostro aiuto dopo molti anni; assieme a lei, concordo che non abbiamo questi anni a disposizione, posto che riuscissimo davvero a impostare questa inversione di rotta, nelle scelte di politica sanitaria. Se penso ai Pronto soccorso dei nostri ospedali, sovente una sorta di bolgia dantesca, con pochissimi medici ed infermieri, spesso aggrediti, non solo verbalmente, da pazienti e familiari, esasperati da ore o giorni di attesa, se guardo le ambulanze del 118, che sfrecciano per improbabili soccorsi, perché privi di chi il soccorso è abilitato a prestare, il medico, mi chiedo con lei: come siamo giunti a tanto? Come è stato possibile ignorare le proteste, le grida disperate di allarme, di chi in quei reparti, in quelle ambulanze, era deputato a lavorare, ed ogni giorno, guardandosi intorno si ritrovava sempre più solo, perché la collega, il collega era andato via, gettando la spugna per mille e mille validi motivi? Perché, Signor Presidente, mi chiedo e le chiedo, quale altra scelta resta a chi è costretto a turni massacranti, aggredito , a volte malmenato, denunciato per colpe non sue, o addirittura vessato dalla propria azienda che, come è accaduto in Calabria tra i medici del 118, chiedeva indietro somme assai consistenti, perché un oscuro burocrate aveva cavillato e stabilito che non erano dovute? Entrambi, Signor Presidente, saremmo scappati a gambe levate assai presto credo. Questo è il quadro, fosco, ma realistico credo ed è necessario, indispensabile proporre delle soluzioni, dei correttivi, subito. Lei ha proposto l’acquisizione di medici cubani per il Sistema Sanitario Regionale , fino a 500 dirigenti medici, per una boccata di ossigeno da fornire ai nostri ospedali. Io, a differenza di lei, ritengo questo un approccio completamente sbagliato, per una serie di motivazioni. Ho avuto rapporti innumerevoli professionali con colleghi cubani, nelle mie frequentazioni, come volontario, di strutture ospedaliere di paesi in via di sviluppo, come in modo politicamente corretto, oggi si definiscono quelli che un tempo si chiamavano del Terzo mondo (a proposito dobbiamo considerare la Calabria in questo contesto?). Si tratta di colleghi con una discreta preparazione, non al livello dei nostri specialisti, a mio personalissimo parere, con i quali dialogavo non in Italiano ovviamente, lingua per la stragrande maggioranza di loro ignota e con i quali era facile stabilire rapporti umani di grande cordialità. Oggi la legge delega alle Regioni l’onere di verificare la sussistenza dei requisiti per l’esercizio della professione medica in Italia, da parte di professionisti provenienti da altri Paesi. Ovviamente delega, non toglie la necessità, anzi l’obbligo di tali verifiche. Se penso ad un medico in quella bolgia poco fa descritta, in un’ambulanza sul luogo di un incidente stradale, a casa di un infartuato, che parla in idiomi incomprensibili e che, forse ancora peggio, riceve informazioni in una lingua per lui altrettanto incomprensibile, mi verrebbe da ridere, se non mi venisse da piangere. Se lo vedo scrivere obbligatori referti, certificati importanti, a districarsi nella nostra complicata legislazione sanitaria e sulla ancor più complicata procedura, lo compiango, pensando al ginepraio legale dove si sta cacciando e sta cacciando la sua azienda. Qualcuno mi ha suggerito che ci sarebbero degli interpreti. Mi perdoni Signor Presidente, se fosse vero, sottolineo se, sarebbe una idea alquanto balzana, per usare un eufemismo. Se lo immagina al Pronto Soccorso, tra urla e minacce, l’interprete, se lo immagina a passare informazioni di terza mano, a casa di un paziente privo di coscienza o sul selciato di una strada, mentre un familiare sconvolto riferisce quello che lui pensa sia accaduto, ad un interprete, che, a sua volta traduce, con una sua versione naturalmente, ad un medico che, nel frattempo non ha capito nulla , ma che ha l’imperativo di agire subito? Mi auguro che sia una fake e quindi queste mie ultime frasi siano inutili e pertanto vadano cestinate. Sono solo alcune considerazioni sui problemi che deriverebbero dall’utilizzo di questi medici d’oltre Atlantico, non gli unici, ma già sufficienti credo, per rendere questa via scoscesa, poco o affatto percorribile direi. Ma tutto ciò non sposta di una virgola il problema, la domanda: che fare? Signor Presidente, semplicemente sfruttare, raschiando il fondo del barile, se necessario, quel che abbiamo, che è poco si, ma non irrisorio. Penso ai dirigenti medici precari da anni negli ospedali e che nella interminabile attesa di un concorso, sempre al di la da venire, accettano, infine, un posto a tempo indeterminato in un’altra Regione, in Lucania o in Puglia magari. Ne ho visti tanti svanire così, dopo che tanto, in termini economici erano costati alla Calabria. Penso ai precari “eroi” del 118, convenzionati e precari, alcuni da decenni, pure loro inevitabilmente attratti da posti, meno rischiosi, ma soprattutto stabili. Penso alle risorse spesso sprecate dei medici di Guardia medica, pure loro esposti ai capricci di un contratto che assai poco li tutela. Penso soprattutto alle decine, centinaia di specializzandi che controvoglia ciondolano tra reparti universitari che ospitano meno pazienti di loro, e che la protervia e l’arroganza di professori baroni ci impediscono di utilizzare, per una formazione sicuramente più efficace nelle corsie ospedaliere. Io ho avuto la fortuna di conoscerne qualcuno, che un docente evidentemente illuminato, aveva “liberato” in tal senso, lavorando con loro in ospedale. Signor Presidente, le assicuro, altro che cubani! Penso a corsi rapidi di formazione per i reparti di emergenza rivolti a medici che da una vita si sono formati sul campo, l’aula migliore che si possa immaginare. Su questo un Commissario Regionale, che vive una drammatica situazione, dovrebbe battere i pugni, forzare, mi perdoni se vado oltre, anche certe regole e certi legacci burocratici che poco hanno a che fare con la realtà. Avrebbe tutti noi a sostenerla!”.
Ufficio Stampa