Comunicazione – Smi-Lazio: focus su Bonus Bebè

Comunicazione – focus bonus bebè
 

In ordine alla certificazione del cosiddetto Bonus Bebè
(prevista in relazione all’art. 1 comma 353 della legge 232/2016), si specifica quanto segue:

ART. 1 co. 353 della legge 232/2016: a decorrere dal 1° gennaio 2017 è riconosciuto un premio alla nascita o all’adozione di minore dell’importo di 800 euro. Il premio, che non concorre alla formazione del reddito complessivo di cui all’articolo 8 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è corrisposto dall’INPS in unica soluzione, su domanda della futura madre, al compimento del settimo mese di gravidanza o all’atto dell’adozione.

Importante, anche ai fini di una eventuale azione risarcitoria che potrebbe essere intrapresa da una gravida o madre avente diretto in funzione di una gravidanza e/o adozione, la quale si vedesse rifiutare la certificazione in oggetto o richiedere un compenso economico per il rilascio della certificazione de quo, fare riferimento al testo unico in materia di sostegno alla maternità che all’art. 76 prevede

Art. 76. Documentazione (legge 30 dicembre 1971, n. 1204, articoli 29 e 30, commi 2, 3 e 4)

  1. Al rilascio dei certificati medici di cui al presente testo unico, salvo i casi di ulteriore specificazione, sono abilitati i medici del Servizio sanitario nazionale.

  2. Qualora i certificati siano redatti da medici diversi da quelli di cui al comma 1, il datore di lavoro o l’istituto presso il quale la lavoratrice è assicurata per il trattamento di maternità hanno facoltà di accettare i certificati stessi ovvero di richiederne la regolarizzazione alla lavoratrice interessata.

  3. I medici dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro hanno facoltà di controllo.

  4. Tutti i documenti occorrenti per l’applicazione del presente testo unico, sono esenti da ogni imposta, tassa, diritto o spesa di qualsiasi specie e natura.

La certificazione in parola quindi, nonostante non sia prevista tra quelle indicate dall’art. 45 ACN è da considerarsi, stante la disciplina appena riportata, che rimanda ad un bene superiore e di tutela collettiva nazionale (tutela della maternità e della salute della donna e del minore), esente da qualsiasi onere.

Pertanto, la richiesta di emolumenti (sebbene l’art. 19 ACN co, 2 lett. A contenga dei riferimenti specifici ad altre e diverse fattispecie), potrebbe esporre il medico richiedente ad una azione risarcitoria da parte della ricorrente, che appare difficilmente sostenibile in sede giudiziaria, al momento attuale, stante il riferimento normativo nazionale citato.

In altre parole: quale giudice darebbe ragione ad un medico, nella fattispecie il medico di medicina generale convenzionato con il SSN, stante il disposto normativo vigente?

Tuttavia, la norma appare contraddittoria:

L’art. 21 comma 1 bis (introdotto dall’art. 34 d.l. 69/2013) prevede:

1-bis.  Il certificato medico di gravidanza indicante la data presunta del parto deve essere inviato all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) esclusivamente per via telematica direttamente dal medico del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato, secondo le modalità e utilizzando i servizi resi disponibili dall’INPS.

Come si vede il riferimento è generico e contempla ogni medico “convenzionato” con il Servizio Sanitario Nazionale per cui vi rientrerebbero “ipoteticamente e de factu” anche tutti i medici di medicina generale, se non fosse per la peculiarità della certificazione in sé; inoltre,  la circolare n. 78/2017 dell’INPS, lungi dallo specificare alcunché, si rifà  di fatto all’art. 21 sopra richiamato (ove  si legge: medico SSN o medico convenzionato ASL), lasciando aperta ogni possibile interpretazione.

La legge (art. 1 comma 353 L. 232/20016) in effetti nulla specifica in ordine alle categorie di medici coinvolti.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

E’  una vicenda di fatto  paradossale in cui nessuno al momento si è assunto la responsabilità di dichiarare inequivocabilmente che  le certificazioni in parola non attengono ai medici di medicina generale, bensì allo specialista ginecologo dipendente o convenzionato e che, altresì, quando si parla, evidentemente, di medici convenzionati occorre fare riferimento agli specialisti convenzionati (in caso contrario occorrerebbe assumere che anche qualsiasi specialista, ad es. un dermatologo o un chirurgo cardiologo, potrebbero certificare la gravidanza o l’adozione). Stante quanto sopra, in attesa di un provvedimento normativo a rettifica e specifica dei succitati riferimenti normativi (circolare applicativa), oltreché di una specifica riserva da inserirsi in Acn, che chiarisca la competenza esclusivamente specialistica del rilascio di tale certificazione, la stessa deve essere rilasciata in maniera gratuita e non onerosa per la donna richiedente. (Scarica l’articolo in pdf)

Cristina Patrizi
Consigliere Nazionale SMI