Comunicato Stampa – Corte Costituzionale e 118 Piemonte

Comunicato Stampa:
“La Corte Costituzionale licenzia 80 medici del 118 Piemonte
impegnati in prima linea nell’emergenza Coronavirus”

Dichiarazione di Maurizio Borgese, Responsabile Nazionale 118 del Sindacato Medici Italiani

Torino, 12 marzo – “È notizia di questi giorni che una sentenza della Corte Costituzionale “spazza via” la stabilizzazione dei medici precari del 118 Piemonte i quali – dopo una battaglia di 5 anni appoggiata in maniera unanime sia dalle sigle sindacali sia da tutta la politica regionale – nel dicembre 2018 si erano visti riconoscere a tempo indeterminato lo stato di servizio, la preparazione e l’abnegazione dimostrata e maturata nell’ultimo decennio” così Maurizio Borgese, Responsabile Nazionale 118 del Sindacato Medici Italiani commenta la recente sentenza della Corte Costituzionale  che nega la stabilizzazione di medici precari del 118 Piemonte.
“Una ottantina di medici che oggi, in piena emergenza Coronavirus, si trovano in prima linea nella battaglia contro questa crisi che affligge tutta la sanità piemontese, ma che paradossalmente, sono “tecnicamente” senza lavoro”.
“La sentenza rischia di azzerare i loro contratti a tempo indeterminato, impedendo pure una riassunzione automatica in quanto tali professionisti, in questo momento, non sono più presenti nelle graduatorie di assunzione dei precari da cui solitamente la Regione assume in regime di carenza. Un problema concreto e paradossale, che riguarda la generazione di medici sulla quale la Regione ha investito milioni di euro in formazione negli ultimi 10 anni, medici che costituiscono circa il 32% della forza lavoro attuale del sistema 118 e circa il 50% dei gettonisti che “coprono” le carenze dei PS regionali”.
“Quale sarà la loro sorte ora” si chiede Borgese “nessuno lo sa. Si attende una presa di posizione forte da parte della Regione Piemonte, che alcuni giorni fa, attraverso l’Assessore alla Salute Luigi Icardi, parlava della necessità immediata di assumere altri 100 medici per fronteggiare l’emergenza Coronavirus, attingendo al terzo anno delle scuole di specializzazione e al bacino dei neolaureati senza esperienza. Soluzione che appare necessaria per fronteggiare l’emergenza ma – nel caso “mascherasse” il problema di questa sentenza – sarebbe sconveniente oltre che offensiva nei confronti dei professionisti che in questo momento stanno già affrontando l’emergenza Coronavirus in prima linea”.
Questi medici precari non sono altro che  medici chirurghi, dalla spiccata e peculiare capacità lavorativa che la Regione Piemonte ha fidelizzato negli anni attraverso percorsi formativi iper-specifici per il contesto extra-ospedaliero, investendo su di loro milioni di euro in formazione professionalizzante.
La scelta di carriera di questi medici, basata anche sulle necessità peculiari delle strutture di emergenza territoriale regionale, ha sempre messo da parte i percorsi di formazione specialistica nazionali, forti anche della reiterata promessa di stabilizzazione dei governi regionali che si sono susseguiti negli anni. Tale scelta, dopo innumerevoli battaglie, è culminata nella legge regionale di fine 2018 con la quale si riconosceva loro il merito di aver creduto e di essere cresciuti insieme al sistema che tuttora rappresentano tenendone altissimo il nome. Sono innumerevoli e continui gli attestati di stima per un servizio che il Piemonte può vantare come eccellenza nazionale anche grazie a questa generazione di professionisti appassionati oltre che preparati”.
Come ogni legge regionale, anche quella riguardante questa stabilizzazione, nel gennaio 2019 è passata al vaglio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ravvisati elementi di incostituzionalità, nonostante la strenua e argomentata difesa dell’avvocatura della Regione Piemonte (la quale ha sempre creduto nella bontà dell’atto) ha proceduto ad annullare il procedimento.
Cosa succederà ora? Innanzitutto è necessario capire in che posizione si trovino oggi questi medici. Sono legalmente decaduti? Fanno ancora parte del sistema che sorreggono per almeno il 35% della sua forza lavoro?
L’aspettativa è che gli elementi di incostituzionalità decretati dalla Corte vengano superati attraverso nuovi strumenti politici ed amministrativi consoni all’equo riconoscimento professionale di coloro i quali, oggi più che mai, sono il pilastro fondante e la prima linea sul territorio della difesa del cittadino dalle criticità sanitarie improvvise, sia di tutti i giorni, sia straordinarie, come quella in corso in questo sciagurato periodo.
La richiesta, come sempre, è quella di una rapida risoluzione della situazione da parte del Governo Regionale, a favore non solo dei medici interessati e delle loro famiglie, ma anche e soprattutto di un servizio alla popolazione che è essenziale oggi più che mai, con i suoi interpreti classici e non con soluzioni di ripiego al ribasso.   

Qui la sentenza.

L’Ufficio Stampa SMI