Comunicato Stampa – congressosmiveneto

Comunicato Stampa
Convocazione V Commissione Consiliare Regione del Veneto

Dichiarazione di Liliana Lora, Segretario Regionale Veneto

Sindacato Medici Italiani (SMI)

Vicenza 10 magg. – “Nel ringraziare per l’opportunità, il Sindacato Medici Italiani intende esporre la seguente posizione: a partire dal febbraio u.s. abbiamo indetto uno stato di agitazione che ha portato anche a 2 giorni di sciopero, per chiedere di essere ascoltati presentando, fra gli altri argomenti, anche il problema delle carenze di MMG” così Liliana Lora, Segretario Regionale Veneto del Sindacato Medici Italiani all’audizione della V Commissione Consiliare Regione del Veneto.
“Vi erano da tempo sul tavolo delle proposte riorganizzative che però richiedono tempi lunghi di realizzazione e quindi non consentono di far fronte all’emergenza in atto che pone i cittadini in deprivazione di un LEA e i medici in situazioni professionali insostenibili.
Attualmente i medici della Scuola di Formazione in Medicina Generale si trovano ad agire, se nominati come sostituti, con 1500 assistiti e nel momento in cui ottengano invece un incarico temporaneo devono “scaricare” pazienti fino a 650 creando una vacatio di assistenza per 850 persone, non ricevendo, peraltro riconoscimento di ore di tirocinio pratico per questa loro attività.
In questo caso i pazienti perdono un diritto, perché al momento non vi sono professionisti disponibili, e i medici, che magari fino a ieri seguivano quelle persone, dovrebbero scegliere chi tenere e chi no. Inoltre per coprire la carenza generata da un medico che andasse in pensione si renderebbero necessari 2 medici”.
“Durante le sessioni di riunioni previste dal calendario stilato dal Prefetto per le procedure di “raffreddamento” si è giunti, oltre a parlare dell’incremento del massimale, su base volontaria, con adeguamento degli emolumenti, a discutere la proposta avanzata da SMI di assegnare 1000 assistiti anche ai colleghi in formazione dal 1 anno e 1200 negli anni successivi, introducendo i giovani colleghi, ove possibile, in forme associative con personale, e, ove non presenti tali forme, di affiancarli a colleghi con più esperienza che agissero come tutor. Abbiamo inoltre chiesto che a tali colleghi venisse riconosciuta l’attività svolta come ore di tirocinio valido per il corso di formazione”.
“Per tale motivo è stato richiesto un incremento del numero dei tutor consentendo che si potessero candidare a tale ruolo anche colleghi con anzianità inferiore ai 10 anni attualmente richiesti. Ovviamente tutto questo quando non vi fossero sul territorio medici con capienza e fino a quando non si risolverà l’attuale stato emergenziale di carenza”.
“Abbiamo da anni sollevato il problema delle carenze,  dei medici di medicina generale, sia di assistenza primaria, per la quale avevamo richiesto già negli anni passati aumento del numero delle borse per la scuola di formazione in medicina generale, sia di Continuità Assistenziale (CA) evidenziando come la Regione Veneto lavorasse già con standard diversi da quelli previsti in Nazionale”.
“L’Accordo Collettivo Nazionale vigente prevede, infatti, 1 medico di CA ogni 5000 cittadini mentre in Veneto si utilizzava una proporzione di 1/6500. Questa carenza cronica ha fatto sì che ora le aziende si siano trovate a ridurre numero di sedi e ad accentrarne alcune negli ospedali, non rispettando il mandato di prossimità all’utenza previsto per la CA; oppure peggio a distrarre attività di 118 per coprire carenze di CA.
Una programmazione di emergenza può avvalersi per tempi brevi di procedure di emergenza ma, quando la situazione si cronicizza, vanno messe in campo adeguate misure programmatorie di lunga portata.
Stigmatizziamo la modalità regionale che ha portato i professionisti a dover indire stato di agitazione per poter essere ascoltati. Lo SMI ha sempre offerto negli anni la disponibilità nella programmazione ordinaria e in ispecie nella gestione emergenziale degli ultimi e più critici anni.
I medici, forza lavoro del sistema, sono parte pensante e chiedono di dare il loro apporto nel processo di ricostruzione e riorganizzazione del sistema salute. Non sono prestatori d’opera puntuale ma professionisti della presa in carico globale delle persone-pazienti, delle loro famiglie, inserite nel contesto sociale. Non possono accettare di essere espulsi da questo ruolo che li definisce al livello europeo”.

Ufficio Stampa