SMI – Parere Legale – Consiglio di Stato

Il Parere Legale

OGGETTO: Consiglio di Stato Sent. n. 1101/2023 – Corso di Formazione in Medicina Generale

Con la sentenza in oggetto il Consiglio di Stato torna sulla questione delle incompatibilità, per i medici di Medicina Generale, fra l’attività libero-Professionale e il Corso di Formazione in Medicina Generale. 

– In particolare affronta l’ipotesi della suddetta incompatibilità nel caso in cui il medico sia ammesso al Corso senza borsa di studio.
– Il caso concreto si riferisce ad un medico, in possesso del titolo di laurea in medicina e chirurgia e abilitato all’esercizio della professione di medico chirurgo, che era stato ammesso, in sovrannumero e senza borsa di studio al primo anno del corso di formazione in MG bandito dalla Regione Emilia-Romagna per il triennio 2020/2023. L’ammissione avveniva in applicazione del c.d. Decreto Calabria (D.L. n. 35/2019 convertito in L. n. 60/2019) che prevede un canale di accesso al corso di formazione di carattere “straordinario” ed “emergenziale”, con graduatoria riservata e senza borsa
di studio e rivolto a quei professionisti che hanno maturato anni di esperienza convenzionale, hanno conseguito idoneità al precedente concorso ma che non si sono collocati mai in posizione utile per poter accedere al corso, neppure per scorrimento della graduatoria. 
– Secondo la Regione Emilia-Romagna anche per tali corsisti si estendono le incompatibilità previste dall’art. 11 D.M. 07/03/2006, ivi compresa quella che vieta di svolgere in parallelo all’attività formativa a tempo pieno, incarichi occasionali di libera professione. 

Secondo l’Amministrazione l’attenuazione di tale incompatibilità disposta con il D.M. 28/09/2020 -limitatamente ai medici iscritti al corso di formazione di MG per il triennio 2019/2022- è prevista solo per tale categoria di corsisti e in riferimento ai soli “incarichi convenzionali in essere al momento dell’iscrizione”. 
– Il TAR Emilia-Romagna disattende tale interpretazione, affermando e richiamando la giurisprudenza amministrativa maggioritaria che tende a riconoscere la compatibilità fra attività libero professionale e formazione, quando -in concreto- la prima non comporti l’impossibilità di ottemperare agli obblighi formativi richiesti dalla frequenza del corso (cfr. TAR Veneto Sez. I 01/10/2021 n. 1163).

Per il TAR è illogico e irragionevole non estendere la possibilità di esercitare attività libero professionale a tutti i corsisti che non sono ammessi al Corso di Formazione senza borsa di studio, pena la violazione del diritto allo studio e una discriminazione che confronti dei soggetti che non
possiedono risorse proprie in grado di consentire loro la frequenza del corso “.. posto che la situazione dei corsisti del Decreto Calabria è in tutto assimilabile a quella dei corsisti di cui all’art. 3 della l. n. 401 del 2000, specie in riferimento alla mancata previsione, per entrambe le categorie di specializzandi, della borsa di studio, risulta del tutto ingiustificato [non] estendere ai primi l’attenuazione del regime di incompatibilità prevista per gli specializzandi di cui alla l. n. 401 del 2000” 

– La Regione nell’appello al Consiglio di Stato della detta sentenza del TAR Emilia-Romagna sostiene, tuttavia, che tali “allentamenti” derogatori della
disciplina dell’incompatibilità fra libera professione e corso di formazione, deve giustificarsi solo in funzione di fronteggiare il fabbisogno delle esigenze proprie della medicina generale e si contempera con la possibilità (eventuale) di conseguire incarichi convenzionali, pur dovendo rinunciare a svolgere attività di visita libero-professionale. 
– Il Consiglio di Stato, non condivide tale interpretazione e ribadisce la correttezza del TAR Emilia-Romagna, richiamando la propria giurisprudenza in tale tematica (cfr. C.Stato Sent. 
n. 8026/2022) ed affermando in modo netto quanto di seguito: “La circostanza che i medici ammessi in sovrannumero non usufruiscano della borsa non può che trovare ragionevole bilanciamento nella possibilità loro concessa di “ottenere, da altre fonti e attività professionale privata non ritenute in concreto incompatibili, il proprio sostentamento” (sent. n. 8026 del 2022, § 18). Diversamente, come osserva il giudice di primo grado, “qualora la mancata assegnazione della borsa di studio fosse accompagnata anche dal divieto di svolgere altre attività lavorative-professionali, l’accesso in base
al Decreto Calabria finirebbe per essere irragionevolmente circoscritto ai soli soggetti che già dispongono di altre risorse proprie e che possono studiare senza conseguire alcuna remunerazione”.
5.3. Un parallelo in tal senso è offerto proprio dall’art. 3 della legge 29 dicembre 2000, n. 401, recante “Norme sull’organizzazione del personale sanitario” – il quale ha ammesso ai corsi di formazione specifica in medicina generale i “laureati in medicina e chirurgia iscritti al corso universitario di laurea prima del 31 dicembre 1991 ed abilitati all’esercizio professionale sono ammessi a domanda in soprannumero di cui al decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 256”, specificando, in deroga al regime generale delle incompatibilità, che “i medici ammessi in soprannumero non hanno diritto alla borsa di studio e possono svolgere attività libero-professionale compatibile con gli obblighi formativi”. Dunque, anche nel caso da ultimo citato l’assenza di borsa di studio va di pari passo con l’autorizzazione allo svolgimento dell’attività libero-professionale.”

5.4. Il rilievo della parte appellante secondo cui i corsisti potrebbero garantirsi una fonte di sostentamento accedendo ai soli incarichi consentiti dalle specifiche ipotesi derogatorie (come quella degli incarichi convenzionali di cui al d.m. 28 settembre 2020), non convince e prova troppo. Se la logica sottesa a queste ipotesi derogatorie è che l’attività lavorativa è in linea di principio compatibile con il corso di formazione, nel nome di un ragionevole bilanciamento tra interessi di pari rilievo, non si comprende (né la parte appellante spiega) perché analogo contemperamento non debba valere nel caso dell’attività libero professionale, la quale rimarrebbe l’unica ad essere arbitrariamente discriminata. 

5.5. D’altra parte, anche il d.m. 28 settembre 2020 (pur dando per presupposta l’applicazione delle cause di incompatibilità di cui all’art. 11 del d.m. del 2006 agli specializzandi ammessi in base al Decreto Calabria) non fa che confermare la necessità di consentire agli specializzandi di conseguire una remunerazione attraverso la prosecuzione delle attività lavorative precedentemente avviate.

Sulla base di tale logica di fondo, appare irragionevole discriminare chi (come il resistente) non disponga di convenzioni in essere al momento dell’iscrizione al corso e, pertanto, non sarebbe in grado di conseguire una remunerazione adeguata durante il corso, se non continuando a svolgere la precedente attività libero professionale in concreto compatibile.
5.7. Non solo, ma la lettura qui accolta risulta anche la più coerente anche con il diritto euro-unitario (Direttiva 1993/16/CE del 5 aprile 1993, art. 35), il quale impone di riconoscere una remunerazione adeguata agli specializzandi sia in caso di formazione a tempo pieno, sia in caso di formazione a tempo ridotto. Ne consegue che le norme che prevedono cause di incompatibilità soggiacciono ad un regime di stretta interpretazione, in quanto rappresentano un’eccezione rispetto ai principi del diritto al lavoro e della libertà di iniziativa economica,
costituenti valori fondanti sia del diritto nazionale che di quello eurounitario (sentenza della Corte di Giustizia del 28 gennaio 2018, Pantuso e a., C-616/16 e C-616/17). 
5.8. Pertanto, la specifica normativa di cui al d.l. n. 35/2019, una volta inquadrata nel contesto dei principi costituzionali e comunitari, non può intendersi come ostacolante la possibilità per il ricorrente di assolvere i propri obblighi formativi e al contempo di conseguire una remunerazione adeguata attraverso ulteriori attività lavorative private, purché in concreto compatibili con il concomitante impegno formativo.

In estrema sintesi, il Consiglio di Stato afferma che la Libera Professione del medico di MG ammesso al Corso di Formazione specifico senza borsa di studio debba ritenersi compatibile con la frequentazione del corso stesso, purché in concreto non pregiudichi il concomitante impegno formativo.

Condivido e confermo che le sentenze del Consiglio di Stato nate da ricorso/i fanno giurisprudenza e non svolgono funzione nomofilattica (quali potrebbero essere, per certi aspetti, alcune sentenze della Corte Costituzionale); costituiscono, tuttavia, -soprattutto quando tendono ad essere reiterate e consolidate come in questa ipotesi- un indirizzo valido, un orientamento dirimente per i funzionari aziendali/regionali che vi si confrontano.

Cordialità
AVV. ANDREA PETRALLI