Comunicato Stampa
Medici di famiglia: bene la dipendenza se la categoria, tramite Enpam,
non riesce a garantirsi le dovute tutele previdenziali
di Pina Onotri, Segretario Generale Sindacato Medici Italiani (SMI)
Roma, 22 giugno
Gentile Direttore,
le ultime affermazioni del Ministro Schillaci, l’istituzione della scuola di specializzazione in medicina generale, l’assunzione a dipendenza dei medici che lavoreranno nelle Case di Comunità ed il passaggio a dipendenza volontario per i colleghi attualmente a contratto di convenzione non ci trova contrari. Questo perché può essere un modo di dirottare parte dei fondi del PNRR previsti per la costruzione e ristrutturazione delle Case di Comunità sul personale sanitario e anche perché sarebbe un modo di superare uno strumento contrattuale obsoleto, la convenzione dei medici di medica generale, che non tiene conto, come si evince dai vari atti di indirizzo della Conferenza Stato Regioni, succedutesi nel tempo, dello sforzo umano, personale ed organizzativo della categoria che ha lasciato sul campo più della metà dei morti per covid.
Abbiamo di fatto perso nel tempo, di convenzione in convenzione, la possibilità di esercitare la “libera professione“, in cambio ne abbiamo ricavato un demansionamento progressivo, una burocratizzazione del nostro lavoro senza precedenti che esplicita la volontà di un controllo della parte pubblica ormai ossessivo sulla nostra attività.
Della libera professione ci rimane ormai solo il “rischio di impresa” che non viene compensato neanche dai guadagni, considerato che il potere d’ acquisto dei nostri stipendi è ridotto del 50% e la mancanza di tutele che ci vede in crisi personale e familiare in caso di infortunio o lunga malattia.
Perché oltre ad ammalarci perdiamo anche il nostro reddito, in quanto quasi mai i pazienti, dai quali dipendiamo economicamente in virtù della scelta fiduciaria, sono disposti a traslare questo rapporto di fiducia ad un sostituto scelto da noi, con sostituti, tra l’altro, sempre più introvabili.
Il patto tacito con le istituzioni è stato quello di mantenere in vita un rapporto “libero-professionale “anomalo, ed in cambio la categoria ha dovuto gestire tutto il peso del gatekepping che negli anni però è stato riversato completamente sulla “bassa manovalanza” mentre gli stakeholder della professione che controllano i punti nevralgici della stessa (Ordini, Enpam e Fnomceo per dirne alcuni) ne sono rimasti indenni.
Il passaggio a dirigenza della medicina generale forse avrà un iter legislativo lungo o forse no.
Nel frattempo si dovrebbe ipotizzare una nuova convenzione che renda omogenee le aree contrattuali previste all’interno degli accordi di medicina generale introducendo da subito la possibilità di poter usufruire dei benefici della legge 104 (già prevista per gli specialisti ambulatoriali) le ferie, il Tfr, la malattia di cui godono i medici della medicina dei servizi che lavorano a quota oraria all’interno di strutture pubbliche.
C’è necessità di introdurre nel nuovo accordo il concetto di pari opportunità, sicurezza, conciliazione vita/lavoro, adeguata retribuzione e valutazione standard dei carichi di lavoro che sicuramente non si esplicitano nelle ore di front office che svolgiamo in ambulatorio.
Questo per attirare nel sistema pubblico le nuove leve e per dare risposte ad una professione che si declina sempre più al femminile.
Dobbiamo essere ben coscienti che o ci salviamo tutti o nessuno e di una “libera professione dipendente” come quella che attualmente esercitiamo non sappiamo che farcene. Se continuiamo così ben venga la dipendenza per chi vuole. Nel frattempo si deve procedere ad una nuova convenzione in tempi stretti.
Ufficio Stampa